RICETTA DI PASQUA: LA PASTIERA NAPOLETANA. STORIE, SEGRETI E GUSTOSI ANEDDOTI
Ogni ricetta ha una storia, spesso dimenticata, ed è legata alla storia del territorio in cui nasce. Ogni ricetta racconta quindi un pezzo di storia del nostro Paese.
La pastiera accompagnò le feste pagane che celebravano il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l’uovo, simbolo di vita nascente.
La tradizione del grano o farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe invece derivare dal pane di farro delle nozze romane, dette appunto ” confarratio “.
Un’altra ipotesi la fa risalire alle focacce rituali che si diffusero all’epoca di Costantino il Grande, derivate dall’offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.
Tra le storie piu’ popolari legate a questo tradizionale dolce partenopeo, conosciuto sinanche fuori dai confini italici, vi è quella legata al mito della Sirena Partenope che con il suo canto allietava gli abitanti di quella città che sarebbe divenuta Neapolis e poi Napoli, e che vollero renderle omaggio regalandole i doni della loro fertile terra:
la farina, forza e ricchezza della campagna
la ricotta, omaggio dei pastori e delle pecore;
le uova, simbolo della vita che da sempre si rinnova;
il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura;
l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra solevano renderle omaggio;
le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo;
ed infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal suo canto, in cielo, in terra, ed in tutto l’universo.
La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno nel suo regno e così depose le preziose offerte ai piedi degli dei. Questi, estasiati dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza e bontà il canto della stessa Partenope.
Nella Gatta Cenerentola la nota fiaba di Giovan Battista Basile, portata sulle scene dal Maestro Roberto de Simone, le pastiere, unitamente ad i casatielli vengono menzionate nelle prelibatezze che allietano il pranzo finale.
Tra le tante storielle che si raccontano sulla pastiera, vi è quella di re Ferdinando II di Borbone che per quanto fosse bontempone aveva sposato Maria Carolina d’Austria, che gli stessi sudditi avevano soprannominato «nun redeva maje» la regina che non sorride mai, dato il suo carattere nordico e severo.
Un giorno Maria Carolina cedendo alle insistenze di Ferdinando assaggiò una fettina di pastiera e non potè fare a meno di sorridere e pare che il re abbia detto: – per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua, per vederla sorridere di nuovo.
In tempi remoti la pastiera veniva preparata solo in occasione della ricorrenza pasquale, ora è facile trovarla tutto l’anno poichè anch’ essa è entrata a far parte delle delizie napoletane come il babà e la sfogliatella.
Il gusto è diverso, ed ogni famiglia possiede il suo segreto. Per questo motivo, si può dire che in tutta Napoli esisteranno più di diecimila ricette che rivendicano l’originalità di questa preparazione.
Dall’aggiunta di crema pasticciera nella costiera sorrentina, alla pastiera di riso del beneventano, a quella con i tagliolini che si prepara invece nel nolano, a quella che utilizza il grano kamut, con le innovazioni della moda, si aggiunge per i più golosi anche del cioccolato.
Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, nel suo “Cucina Teorica-pratica” ci regala la preparazione della “Pastaccia” un composto a base di farina, uova, acqua sale e pochissimo strutto (le dosi non sono precisate) e ci raccomanda di servirla calda. La pastaccia del Cavalcanti non a nulla a che vedere con le attuali realizzazioni di questo classico della pasticceria napoletana prescrive di servire la pastiera calda.
Particolarmente abili nella preparazione di questo dolce furono le suore del convento di San Gregorio Armeno, che magistralmente manipolavano la sua delicata pasta, confezionandone in gran numero.
Il ruolo da protagonista all’interno di questo gustosissimo dolce lo ha il grano, tra gli elementi più importanti e più discussi. Sono moltissime le tradizioni e le differenti tecniche, e preparazioni che lo riguardano. Il grano in barattolo è molto comodo e permette una riduzione nei tempi di realizzazione della pastiera. Molte persone invece preferiscono “far da sé” e così lasciano a bagno 2 etti di grano ammollato per tre giorni cambiando l’acqua e poi viene cotto a lungo possibilmente nel latte.
Per quanto invece riguarda la consistenza del grano, in molti adoperano il grano tritato poiché preferiscono non sentire il chicco di grano tra la ricotta mentre la ricetta tradizionale e quella più comune prevede che il grano sia morbido ma intero all’interno della fetta affinché tutti gli elementi seppur uniti siano ben distinguibili tra loro.
C’e’ chi frulla sia il grano che i canditi, ma in ogni caso, la pastiera va preparata non oltre il giovedì o il Venerdi Santo. L’anticipo nel confezionamento serve a garantire che la complessità degli aromi che la caratterizzano si amagami lasciando un sapore armonioso ed omogeneo. A Napoli è facile trovare la pastiera contenuta all’interno di appositi “ruoti” in ferro stagnato il cui ruolo è quello di preservare la fragilità di questo delicato impasto.
Ed ecco la preparazione della versione sorrentina e con la personalissima ricetta della mia famiglia.
Ingredienti:
– gr 400 grano,
– 3 dl di latte,
– sale,
– gr 30 di burro (o sugna),
– 4 limoni,
– gr 500 zucchero,
– gr 800 ricotta ,
– 4 bustine di vaniglia,
– acqua di fior d’arancio
– cannella,
– qualche chiodo di garofano
– canditi misti (cedro, scorzette d’arancia e cocozzata),
– il succo di un’arancia
– 8 uova,
– zucchero a velo;
Per la crema:
– zucchero 200 g,
– farina g. 80,
– 6 tuorli d’uovo,
– latte 1 l, – 1 buccia di 1 limone;
Per la frolla:
– farina g 600,
– zucchero g. 300,
– burro g 300,
– 3 uova,
– buccia grattugiata di mezzo limone.
Esecuzione:
La pastiera va preparata con notevole anticipo, il grano va tenuto a bagno in acqua fredda per 4 gg. cambiando l’acqua ogni 12 ore e strofinandolo di tanto in tanto in modo da far salire a galla le impurità.
Al quarto giorno lo sgocciolate e lo mettete a cuocere in una casseruola, coperto abbondantemente da latte, che lo sovrasti almeno di circa un palmo (per 400 g di grano occorrono circa 2 litri di acqua), con un pizzico di sale il burro, la scorza di limone, la vanillina, l’acqua di fior d’arancio e qualche chiodo di garofano; fate cuocere a fuoco lento fino a farlo diventare una crema. Qualora il grano dovesse asciugarsi aggiungete ancora acqua.
A cottura quasi ultimata aggiungete il latte.
Questa operazione viene fatta il giorno prima di modo che il grano possa riposare un’intera notte ed abbia modo di gonfiarsi lentamente.
A lavoro ultimato risulterà che il suo peso complessivo sarà di circa 1 kg e mezzo. Il giorno successivo procederete alla preparazione del dolce.
Passate al passaverdura la ricotta con lo zucchero, aggiungete la buccia grattugiata dei limoni, la cannella, i canditi misti, la vaniglia,i fiori d’arancio, il grano, i tuorli delle uova e mescolate adagio, infine unite anche il sugo di un’arancia spremuta che non guasta
Ultimate la preparazione con la crema pasticciera e le chiare d’uovo montate a neve che unirete alla fine.
Precedentemente avrete preparato la pasta frolla mettendo sul piano da lavoro la farina amalgamandola con lo zucchero, burro a temperatura ambiente, le uova e la buccia di mezzo limone grattugiata.
Mescolate con rapidità tutti gli ingredienti e lasciate riposare per mezz’ora.
Stendete una parte della pasta con il matterello e foderate l’interno di una teglia, nella quale stenderete spianandolo con una spatolina il composto.
Con l’altra frolla ricavatene delle striscioline che disporrete sulla torta e bagnerete con un pennello intriso nell’uovo battuto.
Con queste dosi si ottengono circa 4 pastiere da 8-10 porzioni.
Cuocete a forno moderato per circa 1 ora; il ripieno dovrà risultare sodo e la pasta frolla dovrà imbiondire.
Il dolce è ancora più buono se attenderete un paio di giorni prima di essere tagliato.
Prima di tagliarlo spolverizzarlo con zucchero a velo.
Vi auguro allora una buona, dolcissima Pasqua!
Angie Cafiero
Chi sono
Tags: angie cafiero, Pasqua, pastiera napoletana, ricette
Complimenti, Angie! Bell’articolo!
Hai sempre delle storie “gustose” da raccontare!
E ora vado a portare im processione il mio uovo di Pasqua!!!!!
Auguri a tutti!
[…] Pasqua in cucina: la pastiera napoletana, storia e tradizione RICETTA DI PASQUA: LA PASTIERA NAPOLETANA. STORIE, SEGRETI E GUSTOSI ANEDDOTI Ogni ricetta ha una storia, spesso dimenticata, ed è legata alla storia del territorio in cui nasce. Ogni ricetta racconta quindi un pezzo di storia del nostro Paese. blog: Il Cofanetto magico | leggi l'articolo […]
Accidenti, che voglia di cimentarmi… brava e buona Pasqua!
Certo che la pastiera è veramente un “grande” dolce …sotto tutti i punti di vista compreso quello calorico 😉 ma che buona!!!!! e che voglia…pasqua o non pasqua..sarà che ho voglia di far merenda ma ne mangerei volentieri una bella fetta!
[…] qui c’è tutto il necessario per capire meglio: E, in onore di Izn, Tito e Antonella, anche un dolce pasquale tipico baltico (eh eh). Chiusa […]
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grazie per le notizie che date
ottimo post
grazie mirco
Grazie, Mirco e buon appetito!
In attesa del numero di marzo in cui proporremo la ricetta per le Ciambelline e le Chiacchiere…